Mercoledì 14 febbraio entriamo nel tempo di Quaresima. Ci prepariamo a un cammino e, come il popolo ebraico nel deserto, ci disponiamo all’ascolto della Parola e alla conversione del cuore. Dio ci invita a cercare il suo volto: un volto che parla, un volto da incontrare e contemplare in un corpo di uomo, l’uomo Gesù.
«In questo tempo di preparazione [al Giubileo del 2025] mi rallegra pensare che si potrà dedicare l’anno precedente l’evento giubilare, il 2024, a una grande “sinfonia” di preghiera». Papa Francesco – Lettera a S.E. Mons. Rino Fisichella per il Giubileo 2025
Accogliendo l’invito di Papa Francesco in vista del Giubileo 2025, teniamo fisso in questo tempo il nostro sguardo sul volto di Gesù attraverso la preghiera: unico mezzo che può dare senso alla nostra vita e rendere bella e vera la nostra fede.
La nostra vita è fatta di tanti “ingranaggi”: quelli della scuola, del lavoro, della famiglia, dello sport, degli amici. Alcuni di questi vanno troppo veloci (quando vogliamo fare le cose in fretta), altri lenti (quando dobbiamo fare ma non ne abbiamo voglia), altri ancora sono proprio fermi (quando abbiamo litigato o ci lasciamo sopraffare dallo scoraggiamento). La preghiera è l’ingranaggio che, se messo in mezzo agli altri, dà la giusta velocità a tutto e il giusto senso alle relazioni della nostra vita. È lo strumento che permette alle nostre giornate di scorrere serene anche di fronte agli imprevisti.
Di settimana in settimana, attraverso la preghiera: proveremo a fare chiarezza sulla nostra vocazione “Chi sei?”, per riscoprire la bellezza nell’altro e in ciò che facciamo “Che bello è?”, per fare della relazione con l‘altro una relazione d’amore e non un commercio “Non è un mercato!” , per fare esperienza del sentirsi amati così come si è “Io ti amo!” e poi abbandonarsi con fiducia a Dio “Lasciare per fidarsi”, assumere uno stile capace di portare Gesù alle altre persone “Sei un asino!”, e coltivare speranza ponendosi il dubbio: sarà vero dire “Tanto non serve a nulla?”.
La preghiera, dunque, ci apparirà per ciò che è realmente: non solo “una cosa da fare”, ma relazione d’amore con Dio-Padre, in Cristo, nello Spirito Santo.
UN MESSAGGIO DI SOLIDARIETÀ
“MISERICORDIA IO VOGLIO E NON SACRIFICIO” (MT 9,13)
Appare quasi fuor di luogo o un controsenso ricordare questa parola del profeta Osea e ripresa da Gesù in questo anno di preparazione al Giubileo del 2025 che per volontà di papa Francesco deve essere una grande “sinfonia” di preghiera. Nel nostro inconscio ci sembra naturale associare “i sacrifici” alla preghiera. Il sacrificio ci richiama l’atto esteriore con cui il pio israelita esprimeva il suo rapporto con Jahvè, la sua fedeltà all’Alleanza, la sua dipendenza dal Creatore di tutte le cose. Del resto quando è stato abolito il sacrificio cruento è rimasta la preghiera come modo di vivere la relazione con Dio e questo vale per l’israelita, come per tutti i fedeli in tutte le religioni “sacrificali”. Ma Gesù aveva già abolito il sacrificio, già ci aveva richiamato che è la preghiera il luogo in cui il credente esprime e rende credibile la filialità con Dio, che la preghiera è quella voce del cuore e dell’anima che si traduce nella solidarietà e nella condivisione del pane quotidiano. Per questo “la misericordia” dà forma, verità e visibilità alla preghiera del cristiano. Se nei Vangeli c’è un dato testuale chiaro e ineludibile è che quando Gesù pronuncia la parola “sacrificio”, lo fa per escluderlo, invitando chi lo segue e chi assume come propria la volontà sua e di Dio Padre a scegliere non il sacrificio, ma la misericordia. Dio non viene a noi quando alziamo le mani per offrirgli qualcosa in sacrificio, ma quando ci rimbocchiamo le maniche e abbassiamo le mani per servire i nostri fratelli e le nostre sorelle. Già il profeta Osea si rivolgeva ad Israele e lo rimproverava perché le preghiere che innalzava erano parole vuote e incoerenti, una “religiosità di facciata”. La misericordia traduce la nostra fede in atti concreti e quotidiani, ci guida a vedere nel povero “la carne di Cristo che diventa visibile – ci dice papa Francesco – come corpo martoriato, piagato, flagellato, denutrito, in fuga… per essere da noi riconosciuto, toccato e assistito con cura”. La Quaresima può diventare allora un cammino che parte dal cuore per arrivare alle mani e la nostra preghiera si fa misericordia, azione, cura dell’altro, del suo bisogno, della sua sofferenza. Gli Uffici Missionari delle nostre diocesi, attraverso i progetti di solidarietà, ci aiutano a coinvolgerci costantemente in questa conversione. Viviamo un intenso tempo di preghiera, aprendo il cuore a ricevere i doni di Dio, a fare del Padre nostro il programma di vita di ogni discepolo: “Dà a noi e, attraverso di noi, ad ogni fratello e sorella il pane di ogni giorno”.