24 novembre 2024
Quanti sperano nel Signore camminano senza stancarsi (cfr Is 40,31)
Cari giovani!
L’anno scorso abbiamo cominciato a percorrere la via della speranza verso il Grande Giubileo riflettendo sull’espressione paolina «Lieti nella speranza» (Rm 12,12). Proprio per prepararci al pellegrinaggio giubilare del 2025, quest’anno ci lasciamo ispirare dal profeta Isaia, che afferma: «Quanti sperano nel Signore […] camminano senza stancarsi» (Is 40,31). Questa espressione è tratta dal cosiddetto Libro della consolazione (Is 40-55), nel quale viene annunciata la fine dell’esilio di Israele in Babilonia e l’inizio di una nuova fase di speranza e di rinascita per il popolo di Dio, che può ritornare in patria grazie a una nuova “via” che, nella storia, il Signore apre per i suoi figli (cfr Is 40,3).
Anche noi, oggi, viviamo tempi segnati da situazioni drammatiche, che generano disperazione e impediscono di guardare al futuro con animo sereno: la tragedia della guerra, le ingiustizie sociali, le disuguaglianze, la fame, lo sfruttamento dell’essere umano e del creato. Spesso a pagare il prezzo più alto siete proprio voi giovani, che avvertite l’incertezza del futuro e non intravedete sbocchi certi per i vostri sogni, rischiando così di vivere senza speranza, prigionieri della noia e della malinconia, talvolta trascinati nell’illusione della trasgressione e di realtà distruttive (cfr Bolla Spes non confundit, 12). Per questo, carissimi, vorrei che, come accadde a Israele in Babilonia, anche a voi giungesse l’annuncio di speranza: ancora oggi il Signore apre davanti a voi una strada e vi invita a percorrerla con gioia e speranza.
1. Il pellegrinaggio della vita e le sue sfide
Isaia profetizza un “camminare senza stancarsi”. Riflettiamo allora su questi due aspetti: il camminare e la stanchezza.
La nostra vita è un pellegrinaggio, un viaggio che ci spinge oltre noi stessi, un cammino alla ricerca della felicità; e la vita cristiana, in particolare, è un pellegrinaggio verso Dio, nostra salvezza e pienezza di ogni bene. I traguardi, le conquiste e i successi lungo il percorso, se rimangono solo materiali, dopo un primo momento di soddisfazione ci lasciano ancora affamati, desiderosi di un senso più profondo; infatti non appagano del tutto la nostra anima, perché siamo stati creati da Colui che è infinito e, perciò, in noi abita il desiderio di trascendenza, la continua inquietudine verso il compimento delle aspirazioni più grandi, verso un “di più”. Per questo, come vi ho detto tante volte, “guardare la vita dal balcone” a voi giovani non può bastare.
Tuttavia, è normale che, pur iniziando i nostri percorsi con entusiasmo, prima o poi cominciamo ad avvertire la stanchezza. In alcuni casi, a provocare ansia e fatica interiore sono le pressioni sociali, che spingono a raggiungere certi standard di successo negli studi, nel lavoro, nella vita personale. Questo produce tristezza, mentre viviamo nell’affanno di un vuoto attivismo che ci porta a riempire le giornate di mille cose e, nonostante ciò, ad avere l’impressione di non riuscire a fare mai abbastanza e di non essere mai all’altezza. A questa stanchezza si unisce spesso la noia. Si tratta di quello stato di apatia e di insoddisfazione di chi non si mette in cammino, non si decide, non sceglie, non rischia mai, e preferisce rimanere nella propria comfort zone, chiuso in sé stesso, vedendo e giudicando il mondo da dietro uno schermo, senza mai “sporcarsi le mani” con i problemi, con gli altri, con la vita. Questo tipo di stanchezza è come un cemento nel quale sono immersi i nostri piedi, che alla fine si indurisce, si appesantisce, ci paralizza e ci impedisce di andare avanti. Preferisco la stanchezza di chi è in cammino che la noia di chi rimane fermo e senza voglia di camminare!
La soluzione alla stanchezza, paradossalmente, non è restare fermi per riposare. È piuttosto mettersi in cammino e diventare pellegrini di speranza. Questo è il mio invito per voi: camminate nella speranza! La speranza vince ogni stanchezza, ogni crisi e ogni ansia, dandoci una motivazione forte per andare avanti, perché essa è un dono che riceviamo da Dio stesso: Egli riempie di senso il nostro tempo, ci illumina nel cammino, ci indica la direzione e la meta della vita. L’apostolo Paolo ha utilizzato l’immagine dell’atleta nello stadio che corre per ricevere il premio della vittoria (cfr 1 Cor 9,24). Chi di voi ha partecipato a una gara sportiva – non da spettatore ma da protagonista – conosce bene la forza interiore che serve per raggiungere il traguardo. La speranza è proprio una forza nuova, che Dio infonde in noi, che ci permette di perseverare nella corsa, che ci fa avere uno “sguardo lungo” che va oltre le difficoltà del presente e ci indirizza verso una meta certa: la comunione con Dio e la pienezza della vita eterna. Se c’è un traguardo bello, se la vita non va verso il nulla, se niente di quanto sogno, progetto e realizzo andrà perduto, allora vale la pena di camminare e di sudare, di sopportare gli ostacoli e affrontare la stanchezza, perché la ricompensa finale è meravigliosa!
2. Pellegrini nel deserto
Nel pellegrinaggio della vita ci saranno inevitabilmente sfide da affrontare. Anticamente, nei pellegrinaggi più lunghi, si doveva affrontare il cambiamento delle stagioni e il mutare del clima; attraversare piacevoli prati e freschi boschi, ma anche monti innevati e torridi deserti. Quindi, anche per chi è credente, il pellegrinaggio della vita e il cammino verso una meta lontana rimangono comunque faticosi, come lo fu per il popolo d’Israele il viaggio nel deserto verso la Terra promessa.
Così è per tutti voi. Anche per chi ha ricevuto il dono della fede, ci sono stati momenti felici in cui Dio è stato presente e lo avete sentito vicino, e altri momenti in cui avete sperimentato il deserto. Può succedere che all’entusiasmo iniziale nello studio o nel lavoro, oppure allo slancio di seguire Cristo – sia nel matrimonio, sia nel sacerdozio o nella vita consacrata – seguano momenti di crisi, che fanno sembrare la vita come un difficile cammino nel deserto. Questi tempi di crisi, però, non sono tempi persi o inutili, ma possono rivelarsi occasioni importanti di crescita. Sono i momenti di purificazione della speranza! Nelle crisi, infatti, vengono meno tante false “speranze”, quelle troppo piccole per il nostro cuore; esse vengono smascherate e, così, restiamo nudi con noi stessi e con le domande fondamentali della vita, oltre ogni illusione. E in quel momento, ciascuno di noi può chiedersi: su quali speranze appoggio la mia vita? Sono vere o sono illusioni?
In questi momenti, il Signore non ci abbandona; si fa vicino con la sua paternità e ci dona sempre il pane che rinvigorisce le nostre forze e ci rimette in cammino. Ricordiamo che al popolo nel deserto diede la manna (cfr Es 16) e al profeta Elia, stanco e scoraggiato, per due volte offrì una focaccia e dell’acqua perché potesse camminare per «quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb» (cfr 1Re 19,3-8). In queste storie bibliche, la fede della Chiesa ha visto delle prefigurazioni del dono prezioso dell’Eucaristia, vera manna e vero viatico, che Dio ci dona per sostenerci nel nostro cammino. Come diceva il beato Carlo Acutis, l’Eucaristia è l’autostrada per il cielo. Un giovane che ha fatto dell’Eucaristia il suo appuntamento quotidiano più importante! Così, intimamente uniti al Signore, si cammina senza stancarsi perché Lui cammina con noi (cfr Mt 28,20). Vi invito a riscoprire il grande dono dell’Eucaristia!
Nei momenti inevitabili di fatica del nostro pellegrinaggio in questo mondo, impariamo allora a riposare come Gesù e in Gesù. Egli, che raccomanda ai discepoli di riposare dopo essere ritornati dalla missione (cfr Mc 6,31), riconosce il vostro bisogno di riposo del corpo, di tempo per il vostro svago, per godere della compagnia degli amici, per fare sport e anche per dormire. Ma c’è un riposo più profondo, il riposo dell’anima, che molti cercano e pochi trovano, che si trova solo in Cristo. Sappiate che tutte le stanchezze interiori possono trovare sollievo nel Signore, che vi dice: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro» (Mt 11,28). Quando la stanchezza del cammino vi appesantisce, tornate a Gesù, imparate a riposare in Lui e a rimanere in Lui, poiché «quanti sperano nel Signore […] camminano senza stancarsi» (Is 40,31).
3. Da turisti a pellegrini
Cari giovani, l’invito che vi rivolgo è quello di mettervi in cammino, alla scoperta della vita, sulle tracce dell’amore, alla ricerca del volto di Dio. Ma ciò che vi raccomando è questo: mettetevi in viaggio non da meri turisti, ma da pellegrini. Il vostro camminare, cioè, non sia semplicemente un passare per i luoghi della vita in modo superficiale, senza cogliere la bellezza di ciò che incontrate, senza scoprire il senso delle strade percorse, catturando brevi momenti, esperienze fugaci da fissare in un selfie. Il turista fa così. Il pellegrino invece si immerge con tutto sé stesso nei luoghi che incontra, li fa parlare, li fa diventare parte della sua ricerca di felicità. Il pellegrinaggio giubilare, allora, vuole diventare il segno del viaggio interiore che tutti noi siamo chiamati a compiere, per giungere alla mèta finale.
Con questi atteggiamenti, ci prepariamo tutti all’Anno del Giubileo. Spero che per molti di voi sarà possibile venire a Roma in pellegrinaggio per varcare le Porte Sante. Per tutti, in ogni caso, ci sarà la possibilità di compiere questo pellegrinaggio anche nelle Chiese particolari, alla riscoperta dei tanti santuari locali che custodiscono la fede e la pietà del santo e fedele popolo di Dio. Ed è mio augurio che questo pellegrinaggio giubilare diventi per ciascuno di noi «un momento di incontro vivo e personale con il Signore Gesù, “Porta di salvezza”» (Bolla Spes non confundit, 1). Vi esorto a viverlo con tre atteggiamenti fondamentali: il ringraziamento, perché il vostro cuore si apra alla lode per i doni ricevuti, primo fra tutti il dono della vita; la ricerca, perché il cammino esprima il desiderio costante di cercare il Signore e di non spegnere la sete del cuore; e, infine, il pentimento, che ci aiuta a guardare dentro di noi, a riconoscere le strade e le scelte sbagliate che a volte intraprendiamo e, così, poterci convertire al Signore e alla luce del suo Vangelo.
4. Pellegrini di speranza per la missione
Vi lascio ancora un’immagine suggestiva per il vostro percorso. Arrivando alla Basilica di San Pietro a Roma, si attraversa la piazza che è circondata dal colonnato realizzato dal grande architetto e scultore Gian Lorenzo Bernini. Il colonnato, nel suo insieme, appare come un grande abbraccio: sono le due braccia aperte della Chiesa, nostra madre, che accoglie tutti i suoi figli! In questo prossimo Anno Santo della Speranza, invito tutti voi a sperimentare l’abbraccio di Dio misericordioso, a sperimentare il suo perdono, la remissione di tutti i nostri “debiti interiori”, come era tradizione nei giubilei biblici. E così, accolti da Dio e rinati in Lui, diventate anche voi braccia aperte per tanti vostri amici e coetanei che hanno bisogno di sentire, attraverso la vostra accoglienza, l’amore di Dio Padre. Ognuno di voi doni «anche solo un sorriso, un gesto di amicizia, uno sguardo fraterno, un ascolto sincero, un servizio gratuito, sapendo che, nello Spirito di Gesù, ciò può diventare per chi lo riceve un seme fecondo di speranza» (ivi, 18), e così diventiate instancabili missionari della gioia.
Mentre camminiamo, alziamo lo sguardo, con gli occhi della fede, verso i santi che ci hanno preceduto nel cammino, che sono giunti alla meta e ci danno la loro incoraggiante testimonianza: «Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione» (2 Tm 4,7-8). L’esempio dei santi e delle sante ci trascina e ci sostiene.
Coraggio! Vi porto tutti nel cuore e affido il cammino di ognuno di voi alla Vergine Maria, affinché sul suo esempio sappiate attendere con pazienza e fiducia ciò che sperate, restando in cammino come pellegrini di speranza e di amore.
Roma, San Giovanni in Laterano, 29 agosto 2024, Memoria del martirio di San Giovanni Battista.
FRANCESCO